domenica 1 marzo 2015

1° marzo... un anno dopo

La settimana è appena terminata, e se devo essere sincera, più che vivere i giorni di malattia e di convalescenza post operazione, ho rivissuto quelli di un anno fa.
Un anno fa ero ancora "sana" o così credevo.
Un anno fa è stata la settimana in cui, dopo aver sentito la mia pallina sotto il seno, ho fatto mammografia, ecografia, visita senologica, ago aspirato,  e poi alla fine la sentenza.
Ricordo ancora la strada, 15 chilometri scarsi, da casa all'ospedale... ogni chilometro passato, rappresentava un pezzettino di speranza che svaniva.
Ricordo le scale, io e mio marito eravamo come due pupazzi in balia del niente. Rigidi, composti, scalino dopo scalino siamo arrivati nella sala d'attesa.
Ogni secondo che passava, c'era un pezzo di me che se ne andava. Ho iniziato con le braccia, le gambe, i piedi, la testa e infine mancava solo il cuore. Assente, batteva il suo ritmo senza ardere.
Poi la sentenza.
Ho sentito mio marito, che ancora in piedi, si è appoggiato agli armadi di ferro facendo quel rumore sordo che ha invaso la stanza.
Io a rafica, ho fatto tutte le domande che mi ero preparata, le avevo studiate si, perchè dovevo capire contro chi dovevo lottare.
Era una sorta di lotta contro il tempo. Più io facevo domande, più sembrava che quel cancro non fosse mai arrivato a sventrare la mia vita.

Ho chiesto che percentuale di sopravvivenza avevo.
Ho chiesto se potevano essere intaccati altri organi.
Ho chiesto se dovevo fare chemioterapia.
Ho chiesto se dovevo fare mastectomia o quadrantectomia.
Ho chiesto se fossi stata presente alla Prima Comunione di mio figlio esattamente 30 giorni dopo o se mi sarei già trovata in ospedale.

Il medico non riusciva a rispondere ad una domanda, che già l'avevo travolto con quella successiva.
Era in un certo senso disarmato dalla mia lucidità.
Credeva che dopo una notizia del genere non dovesse spiegare così tante cose, entrando nel dettaglio.
Ad un certo punto mi ha persino detto: "Non mi sono spiegato bene, ma l'ho fatto volutamente" come per dire: volevo che prima digerisse la cosa.
E io molto candidamente ho risposto: "Ha preso la persona sbagliata. Io voglio sapere con cosa devo lottare. Perchè così preparo le mie armi, altrimenti ho perso già in partenza".
Mi spiega che con l'esito istologico dell'ago aspirato la mia percentuale di sopravvivenza è dell' 80%. 
Mi elenca tutti gli esami che avrei fatto dopo: tac e risonanza magnetica con metodo di contrasto, scintigrafia ossea, etc, etc. e se questi fossero stati negativi la percentuale sarebbe salita al 98% (tralasciando il caso in cui questi esami potessero essere positivi. In questo caso la percentuale sarebbe vertiginosamente diminuita!).

Dopo tutto questo colloquiare ricordo di essere entrata con mio marito, e mi volto a guardarlo e vedo che è in quella stanza, ma in realtà è come se non avesse mai varcato fino in fondo la porta di quell'ambulatorio. E' come se fosse rimasto la in sala d'attesa, dove le persone fanno ancora parte della categoria dei sani, dove a volte arriva il medico dopo un'operazione e dice "E' andato tutto bene. E' tutto a posto". 
Lui voleva, anzi pretendeva il suo "E' tutto a posto". Che purtroppo non è mai arrivato.
Siamo scesi dalle stesse scale che prima odoravano di speranza, e che ora si animavano come lingue di fuoco che ci avvolgevano con l'intento di bruciarci. Cenere, forse questo dovevamo diventare.
La cenere crea poco spessore, sporca ma non è indelebile, svanisce nel vento, è di colore grigio come quello dei morti.
Ricordo che usciti da li, abbiamo dovuto fare le telefonate e i messaggi di rito a chi dall'altra parte, era aggrappato ad una speranza.
Ricordo che sono entrata in casa, tutto era avvolto da una luce diversa, e la prima cosa che ho fatto è stato specchiarmi allo specchio e purtroppo non ho visto la mia faccia riflessa, ma quella di un mostro.
Ricordo che mi sono guardata, mi sono studiata, la faccia, le ossa, le rughe, i nei, i capelli, le sopracciglia, gli occhi... dicono che sono lo specchio dell'anima.
Erano occhi come provvisti di cataratta, senza uno sguardo preciso, senza un obiettivo preciso.
In quel dato momento era tutto approssimativo, improvvisato, pressapochista.
Ma io non ero più io. 
E' passato un anno, esattamente un anno.
E se guardo indietro non so come ho fatto a uscirne viva.
Ma l'ho fatto.
Questo è l'importante.
E sono qua.
Questo è l'importante.
E questa giornata passerà in maniera decisamente migliore.
La tavola di casa mia sarà imbandita con la tovaglia del mio colore preferito, il lilla, ci saranno le candele preparate accuratamente nei portacandele realizzati da me, il pranzo domenicale sarà minuziosamente preparato dalla mia mamma e oggi alla mia tavola ci saranno i miei genitori, mia sorella, mio marito e i miei figli.
Un modo per esorcizzare questo giorno.

La colazione di questa mattina è stata accompagnata da brioche ed un messaggio speciale:

"TUTTI ABBIAMO UN DOLORE DA ATTRAVERSARE, 
MA MOLTI SI RIFIUTANO DI INTRAPRENDERE IL VIAGGIO 
E ALTRI TRONANO INDIETRO 
O SI FERMANO A META' DEL GUADO.
PERDONO TEMPO A FISSARE IL PASSATO.
ESISTE UN SOLO MODO PER ATTRAVERSARE IL DOLORE.
ACCETTARLO E ANDARE OLTRE.
SERVE UN ATTO DI FEDE NELLA VITA.
LA RICOMPENSA SARA' L'ISOLA DEL TESORO:
LA SCOPERTA DI UNA PARTE SCONOSCIUTA DI SE STESSI".


OGGI INIZIO A RIPRENDERE IL MIO 1° MARZO.

Un bacio a tutte. 
Laura

7 commenti:

  1. mi è venuta la pelle d'oca... sono momenti che non dimenticherai mai per tutta a vita
    Annamaria

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    1. Cara Annamaria, anche tu oggi eri seduta alla tavola della mia cucina... Un bacio grande

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    2. che bello questo che hai detto!
      Annamaria

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    3. Fai parte anche tu di quel valore aggiunto che un cancro ti dà... altrimenti non avrei mai fatto la tua conoscenza... Un bacio grande

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  2. Ho letto prima ma non riuscivo a scrivere. Allora ho decorato come meglio potevo anche la mia tavola di lilla. Ti sei ripresa il tuo primo marzo grande Donna e grande Lottatrice. Grazie per ricordarmi l'isola del tesoro. Un abbraccio a tutta la tua splendida famiglia intorno a quella splendida tavola decorata di lilla.

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    1. Oh Pam, come ho detto ad Annamaria, anche tu oggi eri seduta alla tavola della mia cucina. Ci siamo abbracciate, abbiamo chiacchierato, abbiamo condito le nostre parole con sorrisi e serenità. Me lo sono ripresa il mio 1° marzo... Un bacio grande....

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  3. In momenti di stanchezza, quando la voglia di chiacchierare, mangiare e anche sorridere viene un po' meno, ci sono anche lí te l'assicuro.

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