lunedì 17 agosto 2015

Un'emozione per AIL


E' passato un pò di tempo, ma voi sapete che le cose io le devo metabolizzare, 
poi con calma posso condividerle con il resto del mondo.

Oggi vi parlo di una storia straordinaria, 
di una Donna straordinaria, 
di una Bambina straordinaria, 
di una Famiglia straordinaria... 

La storia straordinaria è una storia di malattia.

La Donna straordinaria è Gloria che si è fatta portavoce di AIL ed ha organizzato un evento meraviglioso a favore della associazione, riportando la personale esperienza vissuta dalla figlia.

La Bambina straordinaria è Gioia, malata di leucemia.

La famiglia straordinaria è la loro: Beppe, Gloria, Gioia, Gaia. Perchè alla fine una malattia colpisce tutta la famiglia.

Il resto leggetelo dalle parole di Gloria condivise con noi proprio in quella domenica 10 maggio a Jesolo - Teatro Vivaldi....


GENNAIO 2006
Era quasi mezzogiorno, circa le 18 ora italiana, quando mia mamma mi ha chiamata sul cellulare di mio fratello e con voce preoccupata mi ha detto "devi tornare subito a casa, ricoverano Gioia all'ospedale di Thiene e domani la vogliono portare a Padova". 
Il mondo si è fermato e un macigno gigantesco mi è caduto addosso. "Arrivo subito" le ho risposto e poi sono scoppiata a piangere. 
Io e mio marito Beppe eravamo dall'altra parte del mondo, in Sud America, nel nord dell'Equador, a 8 ore di pullman dall'aeroporto più vicino e a 15 ore di volo dall'Italia. 
Non so come, ma mio fratello è riuscito a farci salire sul volo delle 17 dello stesso giorno e la sera del giorno dopo, sono entrata per la prima volta in vita mia, nel reparto di Pediatria di un ospedale.
Ho riabbracciato la mia bimba di quasi 8 anni, che quasi stentavo a riconoscere: prima della nostra partenza l'avevo lasciata magrolina ma sana e ora mi ritrovavo una bambina sottopeso di neanche 25 chili, con un pallore impressionante e due occhiaie profonde. 
L'aspetto contrastatava però con il suo umore perchè Gioia era felice e diceva di stare bene, non aveva nessuno dei sintomi comuni della malattia: niente febbre, niente stomatite, niente petecchie, solo tanti ematomi in giro per il corpo, un pò di mal di gambe e tanta voglia di giocare e ridere come tutti i bambini di otto anni.
I medici mi spiegarono la situazione e le fecero il primo prelievo di midollo osseo. 
Lo ricordo come se fosse ieri perchè prendevo in braccio la mia piccolina e mentre la coccolavo e cullavo iniziai "il gioco", quello che sarebbe diventato il nostro RITO ad ogni prelievo...
Ridendo infatti le sussurro ... "Gioia, mi raccomando, LONTANO DALLA..." e mentre lei chiudeva gli occhi perchè la sedazione iniziava a fare effetto, mi sorrideva e rispondeva "luce"... 
"si amore, stai lontano dalla luce..."

Purtroppo l'esito fu tremendo: 
LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA TIPO C.

Non lo volevo nemmeno imparare questo nome, non capivo nulla di quello che mi dicevano i dottori e non volevo imparare a parlare come loro, non sapevo nemmeno cos'erano i bianchi, i neutrofili, come si leggeva un emocromo... io vedevo solo tante stelline di fianco ai valori degli esami. 
Volevo soloro riportare a casa la mia bambina e continuare la nostra vita. 
Invece ci hanno portato a Padova, nel reparto di Oncoematologia Pediatrica.
L'arrivo fu una delle cose più terribili che io abbia mai vissuto... 
Entrare in quel reparto, la prima volta è stato come scendere all'inferno,
 non ci sono vie di scampo o uscite di sicurezza. 
Lì o si guarisce o si muore. 
E' questo che senti.

C'erano tanti bambini ricoverati, tutti senza capelli, tutti attaccati a delle pompe con strani liquidi, pompe che portavano in giro come fossero un altro pezzo di loro stessi, e poi c'erano delle mamme con in braccio i loro figli nati da pochi mesi, piccolissimi... anche loro attaccati alle pompe.

Ma poi con il passare delle ore e dei giorni, tutto cambia e essere calvi diventa la normalità, indossare la mascherina, fare i lavaggi e le medicazioni al catetere, leggere un emocromo, parlare con i dottori e capire quello che dicono diventa NORMALE.
La vita della famiglia ruota SOLO attorno alle date dei prelievi, dei day-hospital, dei ricoveri, programmati per le terapie, o d'urgenza per valori che non vanno bene.
 La borsa sempre pronta, l'ospedale la tua seconda casa.
Ora ricordiamo solo i momenti belli del nostro "viaggio" ma sono stati molti anche quelli difficili, quelli che ti porti dentro e che a volte non vuoi tirare fuori per non soffrire.
Ricordo con commozione la prima sera, in ospedale a Thiene quando Gioia ha recitato la preghierina che a casa dicevamo tutte le sere: "grazie Gesù per la bella giornata che abbiamo passato e fa che domani lo sia ancora di più". 
L'ha sempre recitata...
 quante cose ci insegnano i bambini.

La forza e la voglia di ridere non l'abbiamo quasi mai persa. Abbiamo imparato a cercare il lato positivo delle cose, per esempio per la CADUTA DEI CAPELLI: si fa prima a lavarli e soprattutto ricresceranno RICCI! Gioia ama i capelli ricci, li ha sempre desiderati, ma invece le sono ricresciuti, sicuramente più belli di prima ma anche più dritti!! Ci ha sempre fatto ridere tanto questa cosa. Lei diceva "ma com'è che a tutti crescono ricci e io che li voglio tanto ma tanto ricci, crescono dritti??"
Una volta, dopo l'ennesimo ricovero in pediatria a San Donà di Piave (la nostra seconda casa) ho sbottato: "non voglio rimanere qui, voglio andare a casa, sono stanca di stare in ospedale!" Lei mi ha guardato e con una calma immensa mi ha detto "dai mamma, trova il lato positivo, domenica vengono i clown!" . 
Era solo mercoledì sera!
Oh, in questo gioco è diventata una vera campionessa!!!

Ovviamente di cose difficili ne sono successe tante. L'allergia ad un farmaco con le ovvie complicazioni, la polmonite che ci ha fatto tremare perchè pensavamo di perderla, l'asparaginasi, puntura micidiale e ciclica vero terrore di tutti i bambini perchè brucia da morire, la difficoltà di camminare e di prendere 15 pastiglie al giorno... ma Gioia è stata grande anche in questo: ogni pastiglia aveva un nome, Rosetta era la sua preferita! Abbiamo messo dei nomi un pò a tutto, il carrello della pompa, debitamente addobbato coi tanti regali che arrivavano, era Carry e la bacinella per il vomito (che nei primi giorni ci accompagnava ovunque) si chiamava Baci.

Ogni momento difficile è stato superato grazie all'aiuto dei medici, del personale infermieristico, dei volontari che operano all'interno del reparto e anche grazie alle altre mamme. 
Mamme che ti danno coraggio, perchè la gioioa di una è la gioia di tutte e il dolore di una è il dolore di tutte le altre
 ma soprattutto con l'amore, il sostegno e l'unione della famiglia.
E non parlo solo di Beppe e Gaia, ma anche dei miei fratelli e sorellle, dei miei cognati... dei nonni...

Il senso di tutto questo non lo capiremo probabilmente mai, siamo certi di aver fatto un'esperienza atroce eppure di rara bellezza, in cui siamo riusciti, nonostante tutto a far passare a nostra figlia 2 anni di terapie in modo sereno. Due anni che Gioia, in un tema delle medie riassumeva così: "tutti mi dicono che deve essere stato terribile passare tutto questo, ma non è niente vero. Ho perso molti amici a cui voglio ancora bene e ho dovuto maturare velocemente, anche se avevo solo 8 anni, ma ho passato anche i momenti più belli della mia vita: i pizza-party in ospedale, le sfide coi carrelli porta pompe, le gare a UNO o con i DS, i film guardati assieme agli amici e le notti passate a chiacchierare con le infermiere e a mettere i cateteri alle mie bambole, i ritrovi al Day-hospital... sono state cose stupende. 
Basta avere sempre il sorriso, trovare il lato positivo delle cose, ma soprattutto avere la forza di combattere e non mollare mai"

Cosa possiamo volere di più? Forse non abbiamo diritto di chiedere null'altro alla vita, avendo ancora nostra figlia qui con noi. Ci rimane la consapevolezza e l'impegno che ci siamo presi di continuare ad insegnare alle nostre figlie Gioia e Gaia quanto è preziosa la vita e che va vissuta pienamente, al 100 x 100!

Lo dobbiamo a tutti i nostri amici, piccole grandi stelle che brillano nel cielo e che ci accompagnano da lassù...

Gloria


Io credo che dopo questo racconto le mie parole siano davvero un surplus.
Voglio ringraziarti Gloria per aver condiviso questa "esperienza atroce e di rara bellezza" con noi.
Credo fermamente sia di grande lezione ed insegnamento.
Ci siamo sentite più volte per fare questo post, e la tua disponibilità è stata immensa.
Hai fatto pervenire nella mia casa il tuo racconto e il video (che purtroppo mi rammarico non essere riuscita a caricare), come fossi un'amica di sempre.
E anche per questo ti ringrazio.
Ci tenevo molto a raccontarvi.
Siete speciali.

Buona vita 
a te e alla tua famiglia.

E voglio lasciarti come ci hai lasciato tu a fine spettacolo con i cartelloni portati dai bambini:

GUARIRE SI PUO'

Con immenso affetto.
Laura

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