lunedì 20 aprile 2015

Ospedale Rovigo "Santa Maria della Misericordia"

Arrivi per la 2° volta, aspetti il ricovero, ti metti in pigiama, poi i prelievi, l'elettrocardiogramma, la visita dall'anestesista... 
e quando capisci che le infermiere dopo uno scambio di parole, si ricordano di te, ti rendi conto che forse un pochino malata lo sei davvero.

Oggi voglio parlarvi dell'ospedale di Rovigo, anzi no... 
voglio parlarvi di loro. 
Di chi 
lo abita, 
lo anima, 
lo vive tutti i giorni.

Lo so, faccio confusione con i  nomi e ricordi di infermiere, di medici, di oss, di donne di pulizia, di semplici estranei, ma non voglio raccontare l'organigramma di un ospedale.

Il mio intento è diverso, voglio raccontarvi di quelle persone che ogni mattina entrano in ospedale con una divisa, qualsiasi essa sia, e si scontrano con la malattia in ogni momento, con il dolore delle persone, con il loro lamentarsi, con il loro stare male.
Sono persone come noi, che potrebbero avere la giornata storta, o un grosso problema da risolvere (perchè non ne sono esuli) o una grossa preoccupazione, ma comunque ti donano il loro sorriso.
Durante i miei due soggiorni si è respirata l'aria della crisi italiana, i tagli fatti. 
A volte in corsia sentivi confusione, risultato di un'organizzazione fatta con gli strumenti forniti in quel momento e non attribuibili solo a questo ospedale, ma che rispecchiano purtroppo la sanità di oggi.

Poi però arriva Manuela che ti chiama Cuore e corre nei corridoi per farti avere il più in fretta possibile, la lettera di dimissioni.

 Maristella che tra una camera e l'altra, butta l'occhio al tuo letto, ti chiede come va e con i suoi meravigliosi ricci d'oro ti saluta.

 Michela che alla fine del suo turno pomeridiano, con le luci delle camere già spente, passa e ti dice "non ci hai mai chiamato, non sono mai passata, ma non ci siamo dimenticate di te". 

Poi Nicoletta che in sala pre operatoria, si chiede come mai non si ricorda di me, e poi concludiamo che forse era in ferie. 
E io con uno sguardo apparentemente sereno, le dico che c'è tempo questa volta per conoscersi.

La Dottoressa M. che con il suo sorriso meraviglioso, mi rincuora dicendo che ha appena sentito il mio Doc, e che ha autorizzato a togliere i drenaggi... e mi guarda come per dire: "con tutto quello che hai passato, cosa vuoi che siano due drenaggi da sfilare?"  e poi con le parole vere mi dice: "dai che ti mandiamo a casa stellina"

E mi dispiace non nominare tutti gli altri, anche se il loro volto è impresso nella mia mente, solo che vuoi il poco tempo, non sono riuscita a sapere o leggere i loro nomi.

Ognuno a modo suo, cerca di farti dimenticare che sei in ospedale, perchè alla fine sono loro che fanno l'ospedale.
Con il loro modo gentile,
con il loro preoccuparsi se una mammella si gonfia un pochino troppo,
con il loro prodigarsi per mettere al meglio possibile delle garze che non possono essere fermate dai cerotti data l'allergia,
con il loro sorriso che fa trasparire che loro non sono solo la divisa che vestono,
e così potrei continuare all'infinito.

Anche in questi frammenti, ho cercato di cogliere solo ciò che di positivo un'esperienza del genere può dare.
E di loro ho un meraviglioso ricordo.
Grazie a tutti.

Laura

3 commenti:

  1. Prendersi cura del prossimo è il "lavoro" (perché non la trovo la parola più adatta, anche se è nobilissima) più difficile, più atroce, più gioioso e più bello che ci sia. Tutto insieme.
    Le persone, tutte, che lavorano in un ospedale e lo fanno con umanità oltre che competenza (purtroppo non proprio tutte tutte è vero....ma sono comunque la stra-maggioranza) non saranno mai ringraziate abbastanza. Mai stimate abbastanza, parlo soprattutto per gli infermieri. Che svolgono una "missione" vera e propria. Mi unisco ai tuoi ringraziamenti.
    E ne faccio ancora a te. Perché per prendersi cura amorevolmente degli altri ci sono tantissimi modi. Il tuo blog è uno di questi.
    Ti abbraccio forte

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  2. Ecco ... mi hai fatto piangere. Penso di essermi presa uno dei più bei complimenti... che con il mio blog mi prendo cura degli altri... grazie... non mi sento all'altezza... ma le tue parole scaldano il cuore... ti lovvo Pam....

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  3. Sei all'altezza eccome, e anche correndo il rischio di farti piangere di nuovo te lo ripeto : ti prendi Cura delle persone, e maiuscola non a caso, perché lo fai nel senso più vero e alto del termine. Ti lovvo anch'io Laura, un abbraccio

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