Ricordo ancora la strada,
15 chilometri scarsi, da casa all'ospedale... ogni chilometro
passato, rappresentava un pezzettino di speranza che svaniva.
Ricordo
le scale, io e mio marito eravamo come due pupazzi in balia del niente.
Rigidi, composti, scalino dopo scalino siamo arrivati nella sala d'attesa.
Rigidi, composti, scalino dopo scalino siamo arrivati nella sala d'attesa.
Ogni
secondo che passava, c'era un pezzo di me che se ne andava.
Ho iniziato con le braccia, le gambe, i piedi, la testa e infine mancava solo il cuore.
Assente, batteva il suo ritmo senza ardere.
Ho iniziato con le braccia, le gambe, i piedi, la testa e infine mancava solo il cuore.
Assente, batteva il suo ritmo senza ardere.
Poi la sentenza.
Ho
sentito mio marito, che ancora in piedi,
si è appoggiato agli armadi di ferro facendo quel rumore sordo che ha invaso la stanza.
si è appoggiato agli armadi di ferro facendo quel rumore sordo che ha invaso la stanza.
Io
a raffica, ho fatto tutte le domande che mi ero preparata, le avevo
studiate si, perchè dovevo capire contro chi dovevo lottare.
Era
una sorta di lotta contro il tempo.
Più io facevo domande, più sembrava che quel cancro non fosse mai arrivato a sventrare la mia vita.
Più io facevo domande, più sembrava che quel cancro non fosse mai arrivato a sventrare la mia vita.
Ho chiesto che percentuale di sopravvivenza avevo.
Ho chiesto se potevano essere intaccati altri organi.
Ho chiesto se dovevo fare chemioterapia.
Ho chiesto se dovevo fare mastectomia o quadrantectomia.
Ho
chiesto se fossi stata presente alla Prima Comunione di mio figlio
esattamente 30 giorni dopo o se mi sarei già trovata in ospedale.
Il medico non riusciva a rispondere ad una domanda, che già l'avevo travolto con quella successiva.
Era in un certo senso disarmato dalla mia lucidità.
Credeva che dopo una notizia del genere non dovesse spiegare così tante cose, entrando nel dettaglio.
Ad
un certo punto mi ha persino detto: "Non mi sono spiegato bene, ma l'ho
fatto volutamente" come per dire: volevo che prima digerisse la cosa.
E
io molto candidamente ho risposto: "Ha preso la persona sbagliata. Io
voglio sapere con cosa devo lottare. Perchè così preparo le mie armi,
altrimenti ho perso già in partenza".
Mi spiega che con l'esito istologico dell'ago aspirato la mia percentuale di sopravvivenza è dell' 80%.
Mi
elenca tutti gli esami che avrei fatto dopo: tac e risonanza magnetica
con metodo di contrasto, scintigrafia ossea, etc, etc. e se questi
fossero stati negativi la percentuale sarebbe salita al 98%
(tralasciando il caso in cui questi esami potessero essere positivi. In
questo caso la percentuale sarebbe vertiginosamente diminuita!).
Dopo
tutto questo colloquiare ricordo di essere entrata con mio marito, e mi
volto a guardarlo e vedo che è in quella stanza, ma in realtà è come se
non avesse mai varcato fino in fondo la porta di quell'ambulatorio. E'
come se fosse rimasto la in sala d'attesa, dove le persone fanno ancora
parte della categoria dei sani, dove a volte arriva il medico dopo
un'operazione e dice "E' andato tutto bene. E' tutto a posto".
Lui voleva, anzi pretendeva il suo "E' tutto a posto". Che purtroppo non è mai arrivato.
Siamo
scesi dalle stesse scale che prima odoravano di speranza, e che ora si
animavano come lingue di fuoco che ci avvolgevano con l'intento di
bruciarci. Cenere, forse questo dovevamo diventare.
La cenere crea poco spessore, sporca ma non è indelebile, svanisce nel vento, è di colore grigio come quello dei morti.
Ricordo
che usciti da li, abbiamo dovuto fare le telefonate e i messaggi di
rito a chi dall'altra parte, era aggrappato ad una speranza.
Ricordo
che sono entrata in casa, tutto era avvolto da una luce diversa, e la
prima cosa che ho fatto è stato specchiarmi allo specchio e purtroppo
non ho visto la mia faccia riflessa,
ma quella di un mostro.
ma quella di un mostro.
Ricordo
che mi sono guardata, mi sono studiata, la faccia, le ossa, le rughe, i
nei, i capelli, le sopracciglia, gli occhi. Gli occhi, dicono siano lo
specchio dell'anima.
Erano occhi come provvisti di cataratta, senza uno sguardo preciso, senza un obiettivo preciso.
In quel dato momento era tutto approssimativo, improvvisato, pressapochista.
Ma io non ero più io.
"TUTTI ABBIAMO UN DOLORE DA ATTRAVERSARE,
MA MOLTI SI RIFIUTANO DI INTRAPRENDERE IL VIAGGIO
E ALTRI TRONANO INDIETRO
O SI FERMANO A META' DEL GUADO.
PERDONO TEMPO A FISSARE IL PASSATO.
ESISTE UN SOLO MODO PER ATTRAVERSARE IL DOLORE.
ACCETTARLO E ANDARE OLTRE.
SERVE UN ATTO DI FEDE NELLA VITA.
LA RICOMPENSA SARA' L'ISOLA DEL TESORO:
LA SCOPERTA DI UNA PARTE SCONOSCIUTA DI SE STESSI".
Sono già passati due anni...
ma il salto che mi hai fatto fare è stato davvero enorme!
E ho ancora il fiatone.
Ma una cosa te la devo dire:
VAFFANCULO CANCRO!
Alla fine ho vinto io!!!
ma il salto che mi hai fatto fare è stato davvero enorme!
E ho ancora il fiatone.
Ma una cosa te la devo dire:
VAFFANCULO CANCRO!
Alla fine ho vinto io!!!
Un bacio a tutte.
E ti sei ripresa il tuo primo marzo adesso.
RispondiEliminaUn abbraccio grande